(Perché Amo La Violenza)
" Non sono proprio quello che si potrebbe chiamare una persona mite. Quando gli spettatori vedono i miei film sembrano sempre atterriti dal fatto che io trovi tutto quell'umorismo nella violenza che amorevolmente ritraggo. <Come può pensare delle cose così orribili?> chiedono sempre i critici più generosi. <In quale altro modo potrei divertirmi?> , mi domando sempre.Tremo a pensare a quanto sarebbe noiosa la mia vita senza la fremente eccitazione della violenza che mi circonda. Essa fa sì che valga la pena di spendere un quarto di dollaro per i quotidiani, risolleva i servizi sulle notizie locali,aiuta l'economia e può persino far diventare eccitante una passeggiata mondana fino al negozio se solo si è abbastanza fortunati da assistere a un'aggressione o ad un incidente d'auto. Non è che io voglia far del male a qualcuno, non ho mai usato la violenza fisica in vita mia, ma pensare alla violenza mi fa rilassare e mi da conforto. Persino quando la violenza era diretta a me personalmente sono riuscito a mantenere un atteggiamento allegro. Aggredito di recente a New York, dopo aver subito un brutto colpo sono riuscito a barcollare fino all'appartamento di un'amica alquanto snob. Appena mi ha aperto la porta e mi ha visto coperto di sangue si dice che io abbia sbottato: < Ho appena ucciso cinque persone e sono venuto qui a coinvolgerti> . La Vita non è nulla senza un buon senso dell'umorismo.
"Fin da quando ero piccolissimo la violenza mi intrigava e io mi sono sempre identificato con quella foto di Diane Arbus di un bambino che tiene in mano una granata giocattolo e storce la bocca in una smorfia di finto terrore.
"I miei genitori affermano che sospettarono che c'era qualcosa che non andava in me sin dall'inizio e la mia ossessione infantile per gli incidenti stradali sembrava confermare le loro peggiori paure.Mentre gli altri ragazzi erano fuori a giocare a cowboy e indiani io ero perso in fantasie di lamiere accartocciate e gente che gridava aiuto.Facevo la vocina dolce ai parenti che non sospettavano di nulla perché mi comprassero delle macchine, di qualsiasi tipo, basta che fossero nuove e splendenti. Appena ero da solo correvo fuori nel mio luogo preferito, un ceppo d'albero circondato dal fango che si trovava in una parte oscura del bosco vicino alla nostra casa. Qui era il mio piccolo mondo di fantasia:una versione per bambini di un centro di collisione automobili. Prendevo due macchine e facevo finta che stessero andando su una strada isolata di campagna fino a che non sterzava e andava a sbattere contro l'altra. Mi eccitava molto e iniziavo a prendere a martellate la macchina, tutto questo mentre gridavo: <Oh mio Dio! C'è stato un incidente terribile!> . Mi dilungavo sulla distruzione per un po' finché alla fine prendevo il mio piccolo carro-attrezzi giocattolo (l'unico che non fu mai danneggiato) e rimorchiavo i rottami fino al mio piccolo sfasciacarrozze da gioco, che era pieno di macchine distrutte. [...]
"Un'altra ossessione infantile legata alla violenza nella mia mente erano i parchi divertimento. Ho amato sempre le corse da paura e ancora oggi farei centinaia di miglia per fare un giro in otto-volante se leggessi che recentemente qualcuno vi è rimasto ucciso durante una corsa. Se potessi scegliere la mia morte sarebbe su un otto-volante che esce dai binari e carena fra la folla stipata in una baracca di zucchero filato a un parco divertimenti statale. [...]
Un'altra ossessione dell'infanzia erano gli uragani. Li adoravo e pregavo sempre che uno colpisse la nostra comunità.Una volta successe, era l'uragano Hazel, e me lo ricorderò sempre con amore. I forti vento sradicarono gli alberi del nostro prato ed io sedetti per ore a guardare con amore quel danno. Ma la vista migliore era proprio sulla strada, dove un albero gigante era caduto sulla casa di un vicino; dopo si riusciva a vedere dritto nelle loro camere da letto e a volte io pranzavo all'angolo, così potevo osservare il danno mentre mangiavo. Mi ricordo che mi si spezzò il cuore quando vennero i muratori per fare la riparazione."
shock -pag.51-60 Ed Lindau
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